Certo i pensionati e i lavoratori garantiti sono tanti, le loro ragioni giuste, ma assumono di giorno in giorno un aspetto più simile ad un’enclave; gli ultimi resistenti dentro al muro di Helms, assediati dagli eserciti del Signore dei Tranelli. Si potrebbe obiettare che il loro numero è alto, i loro drammi sono importanti quanto i nostri. Sono i nostri padri, non vogliamo vivere a scapito loro, ma ciò che sta accadendo è esattamente il contrario: l’unico modo per dare un futuro ad entrambi e quello di riqualificare la politica definendo nuovi orizzonti, nuovi diritti, alimentando un nuovo protagonismo dei precari e dei più giovani. Non c’è altro modo e altro mondo. E qua arriviamo alla menzogna. Il nord è veramente ricco ma esprime questa ricchezza come lo fa il resto del mondo: ampliando il divario fra i pochi “fortunati” e i tantissimi sfruttati. In Longobardia i precari/e e i migranti sono un oceano, sono sempre più poveri, sono figli dello spaesamento e dell’isolamento e non trovando ascolto credibile, si fanno ammaliare più dagli oscuri stregoni che dalle fate del cambiamento. Giungiamo quindi all’imbroglio. Questo parla con voce biforcuta: stridula e oscena sulle tasse, suadente e virile sulla sicurezza. Forse, a questo punto, serve una immedesimazione nell’esistente. I figli dei più poveri galleggiano come randagi in un mercato del lavoro selvaggio ed in una società che li esclude a priori svilendo il più grande vincolo universale di civiltà che è l’istruzione, sempre meno pubblica e sempre meno di qualità. I loro genitori divisi fra le preoccupazioni domestiche e quelle genealogiche, in una specie di rompicapo che porta alla rassegnazione. Immaginate anche i figli delle classi medie in via d’impoverimento, sicuramente precari, condannanti ad un purgatorio di convivenza con i loro genitori, a loro volta preoccupati per il futuro incerto della propria prole. I primi bacchettoni e un poco fuori dal mondo, i secondi astiosi col mondo ed ansiosi nello stile proprio dei vecchiacci: pieno di odio e radicalità reazionaria. Unite quindi questo senso d’accerchiamento all’assenza di vere indicazioni per il loro futuro. Il welfare state, le cui tasse sono la voce d’entrata non pare giovi a nessuno: i precari non ne godono, i proletari non lo considerano, le famiglie lo reputano una vessazione e i due istituti pubblici di maggiore rilievo la scuola e la sanità, subiscono tagli continui e di privatizzazioni indecenti. In una società che vede acuirsi il dislivello fra ricchi e poveri, in cui i giovani vengono esclusi da ogni forma di protagonismo e scelta e in cui ogni forma di tutela nuova e collettiva è immediatamente bollata come una forma di terrorismo, è naturale che la sinistra debba considerare la sicurezza un suo problema: la sicurezza del privato indica un arretramento della dimensione sociale e delle soluzioni collettive Le privatizzazioni, la sicurezza, il movimento antitasse, non sono un patrimonio per la sinistra, sono la prova della sconfitta delle loro politiche.