Perseverare? Una scelta editoriale


Compagni, siamo confusi. Mai come ora ci rendiamo conto dei vertiginosi cambiamenti che questa società ha subito. Non ci raccapezziamo più.Da un lato abbiamo la Cgil che paga molti dei nostri abbonamenti che preme affinché il giornale abbia un atteggiamento consono alla gravità del momento.Ci è stato rassicurato, e noi ci crediamo, che l’opposizione alla legge trenta e la firma di molti contratti applicativi della stessa fanno parte di un'unica sottile strategia -che non si contraddice, anzi!- che nell’arco di poco tempo, se nessuno si ostina a mettere il bastone fra le ruote e la carota fra le rivendicazioni, porterà alla fine del precariato. In maniera altrettanto convincente ci è stato detto di non ascoltare questi precari, che sono condannati all’estinzione proprio nel momento in cui il precariato verrà eliminato. Avete presente il Tetris, il gioco con cui sono cresciuti i precari/e? Non basta infilare un pezzo per vincere, bisogna completare una riga. Questo esempio non ci chiarisce bene i particolari però ci convince della difficoltà del problema.Noi pensavamo, sbagliando, che nel parlare di precarietà fosse necessario considerare impellente la presa di parola dei precari. E visto che niente si ripete nelle stesse forme siamo stati attenti, alcune volte, a cogliere quegli eventi che parevano incarnare questa presa di parola. Ma ci siamo accorti che questo approccio è datato. I precari sono un’escre- scenza e fra tutte le escrescenze questi di Milano si sono dimostrati veramente arroganti, irriverenti e poco inclini al rispetto delle tradizioni e delle scale gerarchiche che ne derivano. Eppure ci ospitano, oggi, per aiutarci. Per dimostrare che la pluralità dell’informazione è un trucco se la si riesce ad aggirare, e che l’informazione non esiste più se non nel suo opposto: la deformazione. Ci ospitano per farci dire che siamo stati per trent’anni dalla parte del torto e che anche questa volta non abbiamo ragione. Ma noi ne siamo orgogliosi! nessuno può giudicare un’istituzione dell’informazione come lo siamo noi de “il Manifesto”. Ebbene sì! Abbiamo sbagliato e abbiamo intenzione, coerentemente, di perseverare. E quindi chiediamo scusa, alla Cgil, ai suoi abbonamenti, al precariato che scomparirà, ai precari/e che pare siano messi peggio del Panda, alla Wind per il messaggio ingannevole che abbiamo pubblicato su quell’inserto, anche se la Wind è più ingannevole di ogni messaggio che potremmo pubblicare, a questi bastardi della Mayday, che vogliono la carota, a cui il bastone farebbe bene sulla schiena e che invece loro usano infilarlo nelle ruote altrui, chiediamo scusa alla confusione, che si inchina rispettosa di fronte a noi, chiedo scusa a Gilberto per quello che gli ho fatto durante la maturità, chiedo scusa per le mancanze, per le maestranze e le sudditanze, per le altre verdure, che oltre la carota, sono degne di nota, per i vegetariani, per i carnivori, fra cui i falegnami, che levigano i bastoni, costruiti col legno, che viene dall’albero che per essere fatto ha bisogno del seme, ma c’era pure il frutto che nasce dall’albero con cui si possono fare i tavoli a cui Damiano si siederà per decidere con Cgil e confindustria sul come far scomparire il precariato ma preservarne lo spirito. Vedete torna tutto! Abbiamo torto ancora una volta .